Habitat 3650 organic farm – WORKSHOP

Il granaio – laboratorio

A chi ha avuto la fortuna, o sarebbe meglio dire il privilegio, di vivere nello stesso edificio in passato abitato dai propri genitori o nonni, può capitare ad un certo punto della vita – e se l’edificio ha abbastanza anni alle spalle – di volerne sapere di più, di voler capire “com’era una volta”, di voler avere accesso a parti mancanti della propria storia, di quando si era troppo piccoli per comprendere o ricordare. Se si è fortunati, si riesce a farsi raccontare qualcosa da chi c’è ancora oppure si trovano foto e lettere capaci di parlare: ci si immerge nel passato e nei ricordi e poi si torna al presente. Se si è fortunati ma dal proprio passato si vuole anche costruire qualcosa, allora tutto acquista una dimensione diversa: passato e presente non sono più due tempi distinti ma si fondono insieme, consentendo di porre le fondamenta per qualcosa che parli al futuro.

Sul confine tra il territorio di Venezia e quello di Martellago, in quello che una volta era un ambiente naturale e rurale disegnato dal fiume Marzenego, si contavano 21 mulini. Facevano parte di una rete di edilizia e di opere ambientali, oltre che di bonifica, attraverso le quali la Repubblica di Venezia garantiva la salvaguardia della laguna nord e del delicato equilibrio tra acqua e terra. In questo equilibrio era compresa anche l’attività molatoria, come parte di un sistema più articolato e complesso che vedeva l’agricoltura dialogare con la gestione del territorio, l’economia, l’architettura e le relazioni sociali. Ogni mulino, e con esso tutti gli edifici e le strutture impiegate nella conservazione dei cereali – i granai – e nella loro coltivazione, non era un elemento singolo ma era parte di un sistema. Oggi parleremmo di interdisciplinarietà o di organismo, una volta era il modo di pensare più naturale.

Uno di questi mulini faceva parte di un complesso più ampio, chiamato Ca’ Bianca, che comprendeva un’abitazione, una stalla ed un granaio e che era di proprietà delle monache benedettine di Sant’Eufemia. Gli anni sono quelli alla fine del 1000, il 1085, per la precisione. Nel secoli successivi il mulino cambia diversi proprietari, passando dal clero, al demanio, a diverse famiglie di proprietari terrieri. Del complesso Ca’ Bianca faceva parte anche un altro edificio, che faceva da abitazione, stalla e granaio e di cui si hanno notizie più dettagliate già nella prima metà dell’800. Chi, oggi, ha la fortuna di vivere qui, tra le stesse mura in cui un tempo vivevano nonni e bisnonni, non si è limitato a ricevere in eredità una casa, ma ha immaginato di dare a questa casa, o meglio al granaio di questa casa, un ruolo diverso, che andasse nella stessa direzione un tempo tracciata dalla Repubblica di Venezia. Guardando però alla modernità. Il progetto si chiama Habitat 3650 Workshop, ed è nato da un’idea di Endrius Rocco e Pamela Colorio, architetti, che nel 2011 hanno dato vita ad Habitat 3650, un progetto pilota di riqualificazione ambientale che oggi comprende un’azienda azienda agricola biologica, una vigna, un edificio sostenibile adibito ad accoglienza turistica e molto altro. Ascoltare Endrius e Pamela, vederli muoversi negli spazi fino a pochi mesi fa solo immaginati, fa capire come – quando hanno pensato al loro granaio – la volontà  fosse quella di creare un luogo capace di raccontare qualcosa, dove poter condividere idee e relazioni. Un progetto che altri non avrebbero avviato, ma che per Endrius e Pamela è denso di significato, che a loro assomiglia profondamente e che racconta quello che nel tempo sono diventati e quello che nel tempo vogliono costruire. Non da soli, ma lavorando insieme agli altri. Hanno immaginato Habitat 3650 Workshop come un luogo che permette di condividere gli stessi principi e le stesse idee alla base di Habitat 3650, la “casa madre” il cui nome contiene l’incipit da cui sono partiti, un nome che tiene insieme tutto, che vede ogni diversità come parte di una totalità, con un risultato complessivo che è migliore e più forte della somma dei singoli.

Viene in mente quanto diceva Ildegarda di Bingen e cioè che “La natura intera è a disposizione dell’umanità. Dobbiamo lavorare insieme a lei. Perché senza di essa non possiamo sopravvivere”.

L’idea di un lavoro interdisciplinare, tra natura e uomo e tra materie diverse è esattamente quello che ha fatto nascere Habitat 3650 e che ne rappresenta l’obiettivo di sviluppo. Così come per Habitat 3650 Endrius e Pamela hanno lavorato con la natura, allo stesso modo hanno immaginato che il granaio potesse diventare uno spazio per fare, un luogo dove essere in mezzo agli altri e con gli altri, per crescere insieme. Habitat 3650 Workshop quindi è un piccolo progetto – frutto di un lungo lavoro di riqualificazione – che vuole essere una “bottega”, esattamente come quelle rinascimentali, in cui lavorare ai progetti di Habitat 3650, un luogo dove accogliere piccoli eventi culturali e gastronomici, dove fare educazione ambientale attraverso laboratori, dove mettere in pratica la sostenibilità, la valorizzazione del patrimonio rurale, dove dare vita ad un turismo slow e responsabile.

Italo Calvino si chiedeva “Come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già da prima, la prima riga della prima pagina d’ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori dal libro”.

Il Workshop, insomma, è prima riga di un nuovo romanzo, ma molto è già successo fuori. Ad Habitat 3650.

Caterina Vianello

PROGETTO ID 7362

(PNRR, M1C3-Investiomento 2.2) finanziato dall’unione europea _Nextgeneration EU

Codice CUP H78C22000300006

HABITAT 3650 ORGANIC FARM

Via Olmo, 7
30174 VENEZIA ITALIA
P.iva 03364550271
REA: VE – 367706

Azienda Agricola Biologica
Alloggi in agriturismo
Fattoria didattica
Turismo rurale